Negli ultimi giorni due eventi di rilievo provinciale hanno richiamato l’attenzione sul tema delle infiltrazioni della criminalità organizzata nel nostro tessuto economico, con particolare riferimento al settore dell’edilizia. Si tratta di un convegno tenuto il 14 novembre dall’Associazione Piccole e Medie Industrie (APMI) di Modena e provincia e di un convegno, il 17 novembre, promosso dai sindacati regionali delle costruzioni Fillea (Cgil), Filca (Cisl), Feneal (Uil). Che si parli del tema è di grandissima importanza. Il parlarne, il fare informazione, il sollecitare una prassi più attenta è infatti fondamentale per evitare il rischio che le infiltrazioni della criminalità organizzata in provincia di Modena siano oggetto solo delle pagine di cronaca e non anche delle politiche della Regione, degli enti locali, delle forze economiche del territorio. Bene dunque i due convegni anche se, viene da pensare, avrebbe dato un segnale diverso un unico convegno in cui associazioni imprenditoriali ed organizzazioni sindacali, unitamente alle rappresentanze degli enti locali, avessero trattato il tema confrontandosi alla ricerca di soluzioni efficaci e praticabili. In ogni caso, ribadisco, il richiamare l’attenzione sul fenomeno delle infiltrazioni della criminalità organizzata ed il ricercare strumenti legislativi e prassi operative più efficaci per contrastarlo è assolutamente positivo.
[1] Edilizia, legalità e sicurezza dei cantieri. Soluzione quattro per cento. Questo il titolo dell’iniziativa APMI (vedi). Un titolo che già richiama la principale soluzione proposta: uniformare al 4% l’aliquota Iva da applicare a tutte le operazioni riferibili al settore. Uniformare significa, almeno in un certo numero di casi, abbassare al 4% ed in tal modo rendere meno convenienti le transazioni “in nero”. Far emergere transazioni illegali significa infatti rendere “tracciabili” tutte le operazioni del settore edilizio e dunque dare uno strumento in più per prevenire le infiltrazioni della criminalità organizzata. Il problema esiste ed è riconosciuto, come ha affermato in modo chiaro Dino Piacentini, il presidente APMI: “I dati ci mostrano una situazione preoccupante, sia per quanto riguarda la loro gestione da parte degli enti appaltanti che per il ricorso ai subappalti, strumento utilissimo di lavoro, ma che necessita senza dubbio di maggiori controlli e regolamentazioni per evitare che diventino punto di accesso da parte della malavita nell’edilizia” (dichiarazione riportata dalla Gazzetta di Modena del 15 novembre 2008).
[2] Decisamente più articolata l’analisi e la proposta delle organizzazioni sindacali al convegno del 17 novembre, intitolato Edilizia sul filo del rasoio: il settore delle costruzioni a rischio di infiltrazioni criminali (vedi). “L’interesse della mafia, della camorra e della ‘ndrangheta al settore delle costruzioni nei suoi vari aspetti, è documentato dai risultati del lavoro della magistratura e degli inquirenti. Da anni nella nostra regione è vivo un tentativo di penetrazione nel sistema degli appalti pubblici e privati; ingenti risorse provenienti da attività illecite sono pronte ad entrare nella lottizzazione di aree e attività economiche, commerciali e di servizi. Il fenomeno riguarda in particolare territori come Modena, Parma e Reggio Emilia, ma anche in altre realtà la lunga e frantumata filiera produttiva delle costruzioni risulta essere facile preda delle attività estorsive e criminali tipiche delle organizzazioni mafiose. Quali sono i fatti accertati in regione? La richiesta di “pizzo” ad imprese appaltanti o subappaltanti; il furto di mezzi e attrezzature in cantiere, alle quali segue richiesta di denaro; l’intervento in attività immobiliari rilevanti utilizzate per “lavare” denaro sporco; il controllo di forniture di servizi, materiali e mezzi. Quali sono i pericoli? Dal controllo di alcune attività economiche, si tenta di passare al controllo del territorio urbano per allargare via via l’influenza della malavita fino ad arrivare al tessuto democratico della società, condizionando dapprima l’economia e poi la vita sociale.” Le organizzazioni sindacali hanno avanzato anche diverse proposte per rafforzare la capacità di prevenzione e controllo del fenomeno, pur nella consapevolezza che occorre disegnare un quadro coerente tra leggi nazionali e modalità operative assunte anche volontariamente a livello locale. “Alcune misure di prevenzione sono realizzabili solo se diventano provvedimenti legislativi nazionali. Altre, invece – è stato sottolineato – possono essere già inserite nell’ambito delle regole stabilite dalle stazioni appaltanti pubbliche nei bandi di gara, oppure dalle imprese nell’esecuzione di lavori privati”.
[3] Il rischio di infiltrazioni di organizzazioni criminali nel tessuto economico riguarda l’intera provincia di Modena e specialmente le aree più dinamiche. Dunque anche Vignola ed il suo territorio. Anche per questo motivo l’amministrazione comunale di Vignola – ed in primo luogo il sindaco Roberto Adani – bene ha fatto a promuovere iniziative sul tema in questi ultimi anni. Il rischio di infiltrazioni è reale. Ci sono segnali inquietanti. E’ dunque importante far emergere il tema, aumentare il livello di consapevolezza e di attenzione, ricercare e promuovere norme e prassi più efficaci nel contrastare il fenomeno. Come dovrebbe avvenire ogni volta che si affronta un problema nuovo, il primo impegno degli enti locali e delle forze sociali del territorio dovrebbe essere quello di farsi un’idea della consistenza del fenomeno e dei meccanismi grazie a cui le infiltrazioni avvengono. Non mi risulta che ci siano documenti che provano a stimarne la consistenza a livello locale (mentre esiste, invece, un report regionale, del 2004, su Criminalità organizzata e disordine economico in Emilia-Romagna; vedi). Qualcosa di più, grazie alle indagini della magistratura, sappiamo invece sulle modalità di infiltrazione. L’uso delle transazioni illegali o “in nero” quale contesto favorevole. Il gioco del credito parallelo e dell’usura. Il controllo e l’offerta di lavoro irregolare come dispositivi di aggancio. Gli investimenti sul territorio anche come dispositivi di riciclaggio e “lavaggio” del denaro proveniente da attività illecite. Sono fenomeni presenti, probabilmente non ancora diffusi, ma presenti. Presenti, ma non emergenti in modo eclatante, se non di rado. In genere a seguito di fatti di cronaca (uno dei casi più eclatanti degli ultimi tempi: un imprenditore gambizzato davanti ad un cantiere a Castelfranco Emilia). In ogni caso ad oggi, almeno per l’Unione Terre di Castelli, il contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata non sembra essere ancora divenuto un programma di lavoro strutturato (non episodico), con indirizzi programmatici e strumenti operativi definiti con precisione e sistematicità. Certamente la costituzione, dal 2008, del corpo unico di Polizia Municipale dell’Unione Terre di Castelli è un importante prerequisito per aumentare l’efficacia dell’azione di prevenzione e controllo locale. Così come lo è stato, qualche anno fa, l’essere riusciti ad ottenere un potenziamento del presidio dei Carabinieri a Vignola, con il raggiungimento del livello di Tenenza. Un risultato che l’amministrazione comunale vuole stabilizzare, ed anzi sviluppare ulteriormente, anche grazie al progetto del Polo della Sicurezza, una sorta di “cittadella della sicurezza” dove, all’interno di un’unica area, verrebbero a confluire le nuove sedi di Vigili del Fuoco, Protezione civile, Polizia Municipale, Carabinieri, associazioni di volontariato di area sanitaria. Come sempre, tuttavia, l’impegno per le infrastrutture deve accompagnarsi alla promozione di una più alta consapevolezza, ad una prassi maggiormente improntata a trasparenza e responsabilità (sul tema si rimanda al rapporto finale del CNEL, distribuito in occasione del convegno delle organizzazioni sindacali del 17 novembre: Il contrasto dei fenomeni di illegalità e della penetrazione mafiosa nel ciclo del contratto pubblico, vedi; analoghe considerazioni andrebbero fatte per il settore dell’edilizia privata), alla diffusione di una cultura della legalità e della sicurezza (che significa, poi, evitare “scorciatoie” nel tentativo di arricchirsi più rapidamente). Ci sono, a livello locale, organismi che dovrebbero essere chiamati a lavorare sul tema – penso alla Consulta economica dell’Unione Terre di Castelli. Ci sono network di collaborazioni da costruire – e le disponibilità a collaborare certamente ci sono, come testimoniato dalle iniziative di APMI e sindacati. C’è bisogno, insomma, di assumere il tema come meritevole di un programma di lavoro pluriennale – un programma di lavoro che, come per tutti i programmi, definisca obiettivi (misurabili), risorse, modalità operative, soggetti coinvolti. E che, come per tutti i programmi di lavoro, proceda con controlli in itinere dell’efficacia delle azioni messe in campo, si confronti con le migliori pratiche di altri territori (best practices), rendiconti periodicamente alla città ed al territorio i risultati raggiunti. Insomma, ci sarebbe davvero materia di lavoro per l’assessorato alla sicurezza dell’Unione Terre di Castelli.