Il quadro conoscitivo del Piano Strutturale interComunale (PSC) dell’Unione Terre di Castelli è composto da diverse relazioni. Il documento QC01 (Relazione socioeconomica), datato giugno 2008, è stato redatto da Nomisma. In questo post si presenta una sintesi della parte relativa alla componente demografica. Il testo completo della sezione su demografia ed edilizia è disponibile qui (vedi). La seconda sezione riguarda il sistema produttivo locale e sarà oggetto di un apposito post.
Che cosa ci dice il quadro conoscitivo del PSC relativamente alla demografia (situazione attuale e previsioni future)? Non molto di nuovo rispetto a quanto sappiamo già. Ma è comunque utile, specie se letto criticamente, per individuare i nodi che la discussione politica dovrà affrontare. Primo fra tutti quello della crescita insediativa. Ma procediamo per gradi. Il territorio dell’Unione Terre di Castelli (Castelnuovo, Castelvetro, Savignano, Spilamberto e Vignola) ha visto crescere progressivamente la sua popolazione residente negli ultimi due decenni (passando da 56.121 residenti del 1991 a 67.479 del 2006; +20,2%, contro il +11,6% della complessiva popolazione provinciale), anche se con tassi di crescita differenziati nei diversi comuni e nelle diverse fasi del periodo considerato. In effetti dal punto di vista dei processi demografici il territorio dell’Unione non risulta omogeneo. La crescita maggiore si registra a Castelnuovo, comune della cintura modenese che beneficia della “fuga dalla città” (+37,3% tra 1991 e 2006), seguito da Castelvetro (+31,1%). Assai meno dinamico, nel periodo considerato, è Spilamberto (+9,0%). In posizione intermedia si collocano Savignano (+16,2%) e Vignola (+15,1%). Occorre tuttavia osservare anche il diverso andamento temporale del trend demografico. Infatti Castelnuovo e Castelvetro sono cresciuti soprattutto nel decennio 1991-2001 (con tassi di crescita annui del 2% o più, circa 3 volte tanto la crescita % di Savignano e Vignola), mentre nel periodo 2001-2006 hanno ridotto il tasso di crescita annuo (che pure rimane sostenuto). Savignano e Vignola (ed anche Spilamberto, anche se in modo ridotto) sono invece cresciute soprattutto nel periodo 2001-2006 (la crescita demografica di Vignola, frutto dei processi migratori, inizia in effetti nel 1999). E’ comunque interessante rilevare che i due comuni che sono cresciuti maggiormente (Castelnuovo e Castelvetro) sono però anche quelli in cui l’incidenza della componente straniera è inferiore (8-9% del totale della popolazione, contro il 12% di Spilamberto e Vignola), di nuovo a testimonianza che i modelli insediativi non sono affatto omogenei. La crescita della popolazione è assicurata da processi migratori (il saldo migratorio è ampiamente positivo da anni). Senza la componente migratoria anche oggi la comunità autoctona risulterebbe in calo demografico (come nella realtà di Vignola degli anni ’80). Anche il fatto che negli ultimi anni (più a Castelnuovo e Castelvetro che nel resto dell’Unione) il saldo naturale sia tornato ad essere (leggermente) positivo è legato ai processi migratori. Ad insediarsi è infatti prevalentemente una popolazione giovane (25-35 anni), “naturalmente” propensa a metter su famiglia e quindi fare figli (questo si riflette anche nelle differenze sul numero medio dei componenti del nucleo familiare: 2,54 a Castelnuovo e Castelvetro, 2,43 a Spilamberto, 2,39 a Vignola). Oltre a ciò occorre considerare la componente straniera. Anche i dati relativi all’Unione confermano la maggiore fecondità delle donne straniere: esse esibiscono un tasso di fecondità totale più che doppio rispetto alle donne italiane (2,6 figli per donna, contro 1,2 figli per donna per le donne italiane); questo dato va associato anche ad una età media al parto inferiore per le donne straniere (27-28 anni, contro 32 anni per le donne italiane), un altro fattore che induce una maggiore fecondità.
Per le previsioni demografiche i redattori del quadro conoscitivo si sono affidati alle previsioni demografiche formulate dalla provincia di Modena (incrociamo le dita: nel 1997 le previsioni della provincia al 2011 davano tutti i comuni in calo demografico! Vignola era stimata, al 2007, a 19.865 abitanti. Al 31 dicembre 2007 i residenti erano invece 23.419. Pochi anni dopo era evidente che il documento era da buttare. Cfr. Provincia di Modena – Servizio statistico, Previsione demografiche 1997-2011, maggio 1997). Il buon senso ci dice che, a meno di sconvolgimenti globali, i processi migratori continueranno, portando ancora sul territorio dell’Unione nuovi cittadini stranieri (ed altri cittadini dal Sud Italia – la “questione meridionale” accompagnerà ancora per molto tempo questo paese). Il futuro sarà dunque un futuro di crescita demografica. Su questo non c’è alcun dubbio. La questione è dunque: quanto? Occorre però osservare che il “quanto” crescere (come popolazione) non è solo il risultato di processi “naturali”, ma anche di politiche di “governo” della crescita demografica, innanzitutto tramite l’offerta di edilizia residenziale. E qui sta secondo me un vizio del documento “conoscitivo” del PSC. Esso assume come ineluttabile una crescita demografica che riproduce, negli anni a venire, quello che è avvenuto nell’ultimo decennio. Che però è il frutto di due componenti (legate all’offerta di residenza) che, almeno analiticamente, vanno tenute distinte. Una componente di “sostituzione”: alloggi occupati e che (es. per decesso dell’occupante anziano) si liberano, rendendosi disponibili per nuove famiglie (plausibilmente più numerose di quelle precedenti). Ma anche una componente “aggiuntiva”, frutto dell’incremento dell’offerta di unità residenziali (chiamiamolo “effetto PRG”). Ora, a fronte di una pressione insediativa (determinata dalla capacità di attrazione dell’economia di questa parte centrale dell’Emilia), le amministrazioni comunali non sono completamente prive di strumenti per regolare la crescita della popolazione insediantesi. Ed è su questo aspetto – costi e benefici, pro e contro delle diverse opzioni – che occorre sviluppare la discussione politica. Insomma, occorre non “naturalizzare” la crescita demografica (ovvero non considerarla un fenomeno ineluttabile e, soprattutto, non governabile), ma riconoscerla per quello che è: il risultato di processi sociali, economici ed anche urbanistici. E’ su questo aspetto che il documento è insoddisfacente ed anzi fuorviante, visto che non affronta il tema della crescita demografica (specie il “quanto”) per quello che è (ovvero un processo sociale), ma tende a presentarlo come un processo naturale. Allora il tema deve diventare il seguente. Gli 82.346 residenti dell’Unione previsti al 2023 secondo lo “scenario medio” (ed i 28.331 residenti di Vignola) sono una quantità di popolazione (di “carico antropico”) che possiamo ritenere adeguata? Sono troppi o “troppo pochi”? Quali argomenti possiamo usare per sostenere le (plausibilmente) differenti posizioni in campo? Su questo aspetto centrale la discussione sin qui svolta negli incontri di accompagnamento al PSC è rimasta superficiale. Trattandosi di incontri “preparatori” è naturale che le cose siano andate in tal modo. Ora però questa questione – la scelta politica di fondo n.1 – deve essere affrontata con serietà, dunque con dispendio di energie per trovare buoni argomenti (in un senso o nell’altro) e con adeguati processi di discussione pubblica.