Rileggere i documenti preliminari al Piano Regolatore Generale (PRG) di Vignola degli anni ’90 produce un effetto singolare. Si ritorna indietro nel tempo ad un momento in cui, grazie al lavoro di tecnici, esperti, amministratori e politici, si delineava un futuro per Vignola ed il suo territorio. Un futuro che oggi è passato. Ma il fascino di questa operazione sta proprio nel mettere a confronto il futuro che allora veniva delineato ed il futuro che, in questi anni, si è invece progressivamente realizzato (e che oggi è presente o, addirittura, passato recente). Questo esercizio è salutare anche perché interroga alla radice la capacità degli amministratori e delle forze politiche di pianificare, cioè di progettare lo sviluppo del territorio ed in tal modo il suo sviluppo sociale ed economico (oltre ad interrogare sulla capacità di implementare effettivamente quello che si è fissato nei documenti di piano). Recuperare la memoria di quel “futuro passato” getta dunque una luce nuova sull’operazione che stiamo compiendo oggi con l’attuale processo di pianificazione – la redazione, in corso d’opera, del nuovo Piano Strutturale interComunale (PSC) dell’Unione Terre di Castelli – in cui si prova a disegnare un futuro (“futuro futuro”) di questo territorio. Per fare ciò occorre rileggere quella sorta di “piano delle strategie” che è il documento di Eco&Eco, La popolazione e le attività produttive dell’area. Storia, caratteri e scelte, febbraio 1994 (un documento preliminare al Piano Regolatore Generale in forma associata dei Comuni di Vignola, Savignano e Marano – PRG che poi il Comune di Vignola ha adottato nel 1998). Non si tratta, è bene dirlo, di un vero e proprio piano strategico ed anche dal punto di vista metodologico, della complessità degli strumenti, della ricchezza dei piani considerati risulta notevolmente più semplice, meno articolato del Piano delle strategie che Massimo Casolari dello Studio Agoraa ha elaborato nel 2006 per l’Unione Terre di Castelli (vedi). Tuttavia nella Parte II (Le scelte, da p.163 a p.182) il documento del 1994 abbozza effettivamente una visione del futuro dell’area di Vignola o, meglio, identifica alcune opzioni su scenari futuri diversi che stavano allora (e stanno tuttora) davanti alla comunità vignolese. In effetti esso segnala che, mentre l’equilibrio delle attività economiche del territorio stava cambiando (con la progressiva scomparsa dei magazzini di lavorazione e commercializzazione della frutta) e nei diversi settori si registravano gli effetti dell’avanzamento di altri territori (sempre con riferimento all’agricoltura, pensiamo alla penetrazione sui principali mercati nazionali delle ciliegie dal sud Italia e da paesi esteri), risultavano evidenti, per il territorio vignolese, “punti di crisi” intesi come “punti di instabilità da cui possono derivare diversi futuri possibili, e che richiedono una scelta tra questi futuri”. Ecco le possibilità di scelta prefigurate allora e su cui gli amministratori erano chiamati a decidere (pp.180-181):
- “se agire o meno per un riequilibrio del rapporto tra posti di lavoro e occupati” (il suggerimento di Eco&Eco è che sì, servisse effettivamente un rapporto più equilibrato tra occupazione e residenza a Vignola);
- “se agire o meno per un aumento dei posti di lavoro industriali, così da allineare l’area vignolese con le zone più sviluppate del modenese” (l’indicazione del rapporto è no, meglio salvaguardare il peculiare equilibrio tra industria, meno presente, e terziario, più presente, ed in tal modo “difendere tutta la storia dell’area”; diversamente avviene invece con il Documento preliminare del PSC 2008 che identifica le attività industriali come un elemento di ricchezza non rinunciabile anche di questo territorio);
- se puntare ad “una vocazione terziaria interpretata in chiave di più forte e più qualificata attività commerciale” od invece “una vocazione terziaria interpretata in chiave di turismo e fruizione ambientale”. Ed ecco sviluppata questa opzione e le relative conseguenze: “in qualche modo, scegliere il commercio come asse portante del terziario significa scegliere il centro di Vignola, scegliere turismo e ambiente significa privilegiare un disegno di area e mettere in gioco una dimensione più ricca, potenzialmente rilevante per zone che oggi sono periferiche e attendono soluzione ai loro problemi.” (p.181)
[1] Vorrei svolgere alcune considerazioni con particolare riferimento alla terza opzione: un futuro più commerciale od un futuro più turistico? Si potrebbe innanzitutto osservare che una scelta non esclude l’altra e che in effetti potrebbe essere opportuno perseguire entrambe queste prospettive. Nella richiesta insistente affinché l’amministrazione comunale proceda ad acquisire il riconoscimento di “Città d’arte” sta, ad esempio, uno dei diversi possibili punti di congiunzione (non certo il più rilevante …) tra le due strategie: per supportare flussi turistici occorre un’adeguata presenza di esercizi commerciali aperti anche nei giorni festivi. Ma questo è un dettaglio dell’oggi. E’ significativo, invece, che nel delineare la strategia di valorizzazione commerciale il documento del 1994 (pur essendo consapevole dell’orientamento verso i grandi centri commerciali dei territori limitrofi, es. Bazzano – vedi p.179) punti essenzialmente al sostegno del commercio nel centro e nel centro storico: “Questo sostegno al commercio nel centro ha il senso di puntare su un’offerta commerciale e di qualità, più credibile e con maggior futuro per Vignola di quella di supermercati e ipermercati; e inoltre ha il senso di favorire, attraverso il commercio, il rafforzamento della struttura del centro storico.” (p.181) Se valutiamo l’operato dell’amministrazione comunale di Vignola rispetto a questa strategia troviamo, negli ultimi anni, molte azioni coerenti: la creazione di Vignola Grandi Idee quale soggetto promotore di eventi; progetti di sostegno finanziario alla riqualificazione dei negozi nell’ambito dei Piani di Valorizzazione Commerciale; importanti interventi infrastrutturali di riqualificazione urbana (es. in centro storico). L’interrogativo circa il “si poteva fare di più” o “il si poteva fare (ancora) altro” va comunque posto. Così come l’interrogativo circa la coerenza (o almeno la compatibilità), rispetto a questo scenario, del retail park all’ex-Sipe va mantenuto (vedi). Ma questa riflessione non può essere sviluppata qui.
[2] Sul versante della strategia di valorizzazione turistica le indicazioni del 1994 sono tuttora valide (in effetti anche il Piano delle strategie del 2006 indica ancora quell’obiettivo come importante, anzi prioritario, anche se probabilmente ne enfatizza eccessivamente la rilevanza economica e ne sovrastima la fattibilità). Esso infatti suggerisce di cercare di intercettare “l’aumento costante di una domanda di servizi ambientali complessi (domanda di ricreazione, sport, riposo, natura) da parte del pubblico in generale, e in particolare di coloro che risiedono nelle aree metropolitane di Bologna e di Modena.” (p.179) Si tratta di una “crescente domanda di ambiente … [che] pare in grado di sostenere una più ampia offerta ricreativa e turistica.” E l’area vignolese, per le risorse paesaggistico, ambientali, culturali di cui dispone, la posizione strategica, l’accessibilità di cui gode, le competenze che può mobilitare, “ha la possibilità di catturare una quota più consistente di domanda ambientale”, specie valorizzando l’area allargata in cui si colloca, sino a “rafforzare il sistema di offerta della media valle del Panaro col pezzo storico dei castelli.” (p.179) Anche qui è opportuno riflettere sulle azioni intraprese in questi anni dall’amministrazione comunale. Assieme ad alcune importanti cose fatte, ve ne sono altre ancora in attesa. Tra le prime si deve citare il progetto “Città Castelli Ciliegi” (realizzato nel 1996-1997), finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma LIFE (vedi il documento di rendicontazione, in inglese, alle pp.42-43) e dalla Regione Emilia-Romagna e da cui è nata la Strada dei vini e dei sapori. Esperienza importante, ma con margini significativi di miglioramento! Di recente, inoltre, il territorio dell’Unione si è dotato di un ufficio di Informazione e Accoglienza Turistica (IAT) di area. Si sono diffusi, inoltre, sia agriturismi che B&B ed altre strutture di accoglienza (tra cui il Casale della Mora a Vignola). Potenziato risulta anche il calendario degli eventi del territorio, con una rinnovata importanza di un “evento” legato alle ciliegie (nel tempo della loro raccolta). Certo, per un territorio che ha scelto come nome distintivo “Terre di castelli” manca un evento di area su questo tema (sapremo innovare rispetto alle “Feste medioevali” di Brisighella? vedi), mentre ce ne sono diversi a livello comunale (specie a Savignano e Castelvetro). Non abbastanza, invece, si è riusciti a fare sul versante dei luoghi ricreativi (le potenzialità di sviluppo dell’area del Centro nuoto vanno assolutamente implementate), delle infrastrutture e dei percorsi (le route ciclabili od i sentieri di trekking collinare, i percorsi ciclabili lungo i canali storici, ecc.) – anche se alcuni importanti risultati ci sono (ciclabile Vignola-Marano, Modena-Vignola e Savignano-Vignola; riqualificazione di un tratto del “percorso Sole”). Ci vorrebbero però dati sull’incoming o sull’indotto turistico per capire quanto è significativo, in termini di “economia aggiuntiva”, quello che si è fatto in questi anni. Occorre poi riconoscere che la scala dei progetti di valorizzazione turistica nel 1994 è abbastanza limitata: l’obiettivo è di attrarre essenzialmente i residenti delle due principali realtà urbane, Modena e Bologna (questo è l’obiettivo principale del progetto Città Castelli Ciliegi). Ben diversa è la scala su cui si muove il Piano delle strategie del 2006 che invece ha in mente i flussi turistici internazionali. Obiettivo troppo ambizioso? Forse. In ogni caso è bene valutarlo con cura.
[3] Ultima questione. Tra le criticità citate dal documento del 1994 è citata la realtà delle “basse di Vignola e Savignano”. Si evidenzia l’elemento negativo del calo della produzione, specie cerasicola, nelle basse di Vignola (e si prefigura la strada della produzione biologica). E si individua lì un “punto di crisi”, “per le potenzialità ulteriori che le basse potrebbero sviluppare”. Di nuovo si prospettano due opzioni di futuro: “La scelta è tra un futuro di basse agricole, che fanno riprendere vigore alla frutticoltura con l’obiettivo di aumentare i livelli produttivi e la qualità del prodotto; e un futuro di basse-giardino, in cui gli insediamenti non sono puramente volti alla produzione agricola ma combinano la produzione agricola con servizi connessi alla fruizione del fiume.” (p.182) L’impressione è che nessuno di questi due “futuri” si sia realizzato e che la realtà delle basse vignolesi registri, oggi più di ieri, consistenti elementi di criticità. Ma in ciò, forse, l’area delle basse non si distingue significativamente dal resto del territorio agricolo vignolese, in cui si registra un processo di “diffusione” urbana (sprawl). Lo riconosce il Documento preliminare del PSC, proprio relativamente alla realtà di Vignola: “nei vent’anni intercorsi dal 1987 al 2007 sono stati realizzati in territorio rurale circa 700 nuovi fabbricati a fronte dei 1300 preesistenti con oltre 100.000 mq di superficie coperta che si sono aggiunti ai 200.000 mq preesistenti. Questo mentre dal censimento agricolo del 1990 a quello del 2000 le aziende agricole si riducevano in numero da 530 a 440.” (p.19 del Documento preliminare – Sintesi). E’ chiaro che occorre arrestare questo processo e semmai invertire la rotta, ovvero trasferire superficie edificata dalla campagna alla città. Ed in effetti il PSC ha proprio questo come obiettivo, prefigurando soluzioni innovative come il trasferimento dei titoli edificatori. Per il resto l’interrogativo del “piano” del 1994 è ancora del tutto attuale.
[…] chiaro nel documento del 1994 relativo alle scelte strategiche preliminari al “vecchio” PRG (vedi). Vediamo comunque qual è la situazione. A Vignola, al censimento del 2001, la popolazione […]
[…] delle attività, nonostante questo fosse un obiettivo del “piano delle strategie” 1994 (vedi). “L’affiancamento di attività ricettive o di ristorazione, di trasformazione o di tipo […]