Un giorno questo dolore ti sarà utile

Un libro molto bello che ho letto tutto d’un fiato una domenica mattina di qualche mese fa. Ne ho fatto, allora, una sorta di recensione. Si tratta del libro di Peter Cameron, Un giorno questo dolore ti sarà utile, Adelphi, Milano, 2007, 206 pp., 16,50 €

Ci sono momenti nella vita che contano più di altri. Sono i momenti delle scelte importanti, le scelte che possono incanalare l’esistenza in una direzione oppure nell’altra. Per un giovane, uno di questi momenti è certamente quello della scelta dell’università. Questo è anche il momento in cui si svolge la storia di James Danfour Sveck, diciottenne di una famiglia agiata newyorkese, raccontata nel romanzo di Cameron. James è un ragazzo poco socievole, ma con una certa sensibilità e senso dell’ironia, che non sa come collocarsi nel mondo. I suoi coetanei non lo attirano: “il problema principale era che non mi piace la gente, e in particolare non mi piacciono i miei coetanei, cioè quelli che popolano l’università. (…) Le persone, almeno per quel che ho visto fino adesso, non si dicono granché di interessante. Parlano delle loro vite, e le loro vite non sono interessanti. Quindi mi secco.” (pp.43-44) Degli adulti ha una pessima opinione: sono mossi solo dalla volontà di affermarsi, senza riguardo per gli altri. E come dargli torto, visto che queste caratteristiche sono innanzitutto quelle dei suoi genitori? Il disagio “esistenziale” di James deriva anche dal vuoto che lui percepisce in un mondo superficiale, fatto di gente indaffarata ed egocentrica, assorbita nella ricerca di una felicità sfuggente – sfuggente anche perché maldestramente ricercata. Ed anche dallo scarto tra gli affanni quotidiani degli adulti, spesso un po’ meschini, ed i problemi che incombono sulla civiltà: “hai ragione. E’ vero” [rivolgendosi alla madre]. “E’ vero cosa?” ha chiesto. “Che sono disturbato”. Pensavo al significato di questa parola, a che cosa volesse dire veramente, come quando si disturba la quiete o la televisione è disturbata. O quando ci si sente disturbati da un libro o da un film o dalla foresta vergine che brucia o dalle calotte polari che si ritirano. O dalla guerra in Iraq” (p.68).
Il libro racconta i mesi dell’estate di James che, pur essendosi già iscritto all’università, sta maturando l’idea di rinunciarvi. In questi momenti cruciali, con diverse possibilità, ma anche tanta incertezza, la famiglia dovrebbe essere una risorsa, un ausilio. Così non è però per James. Vive con sua sorella e sua madre, dopo che questa ha divorziato da suo padre e si è risposata altre due volte. Il libro inizia proprio con le vicende del terzo matrimonio della madre, ritornata precipitosamente a casa dopo aver rotto con il nuovo marito durante il viaggio di nozze, dopo soli quattro giorni dal matrimonio! “Con mio padre era stata sposata quindici anni e con il secondo marito tre, quindi quest’ultimo matrimonio doveva essere in proporzione. Cercavo di calcolare quale percentuale di quindici fossero tre anni, in modo da ottenere il terzo numero: possibile che fossero quattro giorni? (…) Comunque, proporzione o no, quattro giorni erano proprio desolanti. E semmai la curva dovrebbe andare nell’altro senso, i matrimoni dovrebbero migliorare, non peggiorare. Di questo passo mia madre, se mai ci avesse riprovato, sarebbe stata abbandonata all’altare.” (p.22) La madre è comunque indaffarata nella gestione di una galleria d’arte. Ma le cose non vanno meglio con la sorella, Gillian, più grande ed al terzo anno di università, impegnata in una relazione con un professore, sposato, di teoria del linguaggio. Con il padre, impegnato a fare affari a Wall Street, si incontra settimanalmente, ma si tratta di incontri fugaci, giusto il tempo per ricevere consigli – “non puoi sempre scappare dalle cose che non ti piacciono. La vita non funziona mica così” (p.123) – ma da un adulto che ha l’atteggiamento di chi non ha troppo tempo da dedicarti, di chi deve già fare qualcos’altro. Il padre e la madre, insomma, non hanno troppo tempo per lui, sono presi dalla loro vita piena d’affari (il padre) o incasinata (la madre). Quest’ultima divide il proprio tempo, in modo frenetico, tra la galleria d’arte e le relazioni sociali ad essa legate, il proprio life coach (tradotto come “allenatore dell’anima”), la ricerca di nuovi amori. Le relazioni con i figli assorbono solo una parte marginale della sua vita e senza grandi manifestazioni di attaccamento ed interesse. D’altronde il comportamento della madre può essere descritto nei termini di incapacità di riconoscimento – una “patologia” che il libro fa ritenere una sindrome socialmente diffusa. “Ignoralo e vedrai che ti lascerà stare, diceva mia madre a Gillian quando eravamo piccoli e io la stuzzicavo. Ignoralo e basta. Vuole solo attenzione. A ripensarci sembra quasi crudele riconoscere e insieme respingere il desiderio d’attenzione di qualcuno, specialmente di un bambino. Vuole solo attenzione, come se fosse una brutta cosa, neanche uno volesse soldi, potere e celebrità.” (pp.156-157)

Un giorno questo dolore ti sarà utile, di Peter Cameron

Il solo approdo stabile nella vita famigliare di James è la nonna che abita sola in “una casa stile Tudor”, dove “si prova la bella (e rara) sensazione che chiunque abbia costruito quella casa l’abbia fatto con amore e senza fretta.” (p.74) In casa della nonna – nanette è chiamata – “tutto è sempre in ordine” (p.75); l’attenzione verso James, verso l’individuo, si manifesta con le cose quotidiane, ad esempio con il mettere i sottobicchieri d’argento sotto il bicchiere suo e del nipote – un gesto innocuo, ma che da l’idea del valore del momento (p.182). E’ il legame con la nonna che alla fine risulterà di aiuto a James nella sua difficile estate prima dell’università. La nonna sempre pronta ad accoglierlo, a rispettarne l’umore, a dedicargli tempo ed attenzione (seppure con grande discrezione). Ad evidenziare quello che di positivo ha già fatto, pur in una situazione che a James sembrava un disastro: “Sai una cosa,” mi ha detto dopo aver assaggiato il suo whisky con aria soddisfatta “in fondo quello che mi hai raccontato mi pare incoraggiante. Hai fatto una cosa stupida e hai fatto un gran pasticcio, eppure lo trovo incoraggiante”. “Perché?” ho chiesto. “Perché volevi una cosa e hai cercato di prendertela. Hai agito. Stupidamente, ma hai agito, e questo è l’importante.” (pp.185-186) Scritto con grande leggerezza, con dialoghi divertenti ed osservazioni acute, il romanzo di Cameron fa ridere ed anche commuove. E’ un romanzo molto bello. E’ la storia di un momento di forte incertezza nella vita sociale ed affettiva di un giovane diciottenne. “Ho solo diciotto anni. Come faccio a sapere cosa vorrò nella vita? Come faccio a sapere cosa mi servirà?” (p.206) Ma da questa storia emerge con forza l’importanza dei legami affettivi solidi ed incondizionati – quello con nanette. In un mondo di relazioni famigliari instabili, in cui nessuno può dare ciò che non ha innanzitutto per sé stesso – il rispetto – le risorse che consentono al giovane James di non “perdersi” sono il legame con una nonna che gli vuole bene, che non ha da imporgli niente, che non deve dimostrare di essere preoccupata per il suo futuro. Il romanzo è forse la metafora del restringersi degli spazi dell’affetto incondizionato che una volta erano forse presenti nella famiglia grazie al ruolo della madre. Una volta la divisione del lavoro di socializzazione passava attraverso la coppia: il padre preoccupato degli orientamenti funzionali (come inserirsi bene nella società), la madre serbatoio d’affetto. Il romanzo di Cameron testimonia di un quadro cambiato: ora sia il padre che la madre sono socialmente inseriti, sono socialmente attivi. Ma, soprattutto, sono narcisisticamente preoccupati di sé, del ruolo e dell’immagine da difendere nella società, e sono dunque incapaci di prestare attenzione ed ascolto ai figli che hanno generato. Per questa funzione insostituibile non sono rimasti che i nonni!

2 Responses to Un giorno questo dolore ti sarà utile

  1. ylenia ha detto:

    non ha letto questo libro anche me lo avevano consigliato senza dirmi di cosa parlasse,srtano ma vero è la prima volta che lascio una risposta dopo aver letto una recensione , strano perchè di soloitp le tengo per me ma questa volta le dita mi sono volate come a voler condividere una sensazione che credevo di provare solo io dato che a questo mondo è difficile trovare sincerita’ nelle parole e neglimocchi della gente.
    è vero i nonni….anime perse nell’ eta’ ma che con gesti semplici e carichi d’ amore arrivano diretti alla tua anima con sguardi ingenui di bimbi che dicono” si, ti voglio bene ,…e allora che c’ è di strano?”
    consigli e dolcetti cosi’ trascorro i miei giorni con loro , racconti e risate, in un mondo triste che ti schiaccia e ti aspetta fuori dalla porta di casa.
    cosa fare…non lo so ma l’ importante è fare .
    ciao e grazie

  2. Elisa ha detto:

    Grazie per la segnalazione e la recensione qui. Non manchero’ di leggerlo… e credo trovero’ tanti spunti interessanti!

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